Talent show

Volevo dire brevemente una cosa. Brevemente perché sono talmente una vecchia barbogia che mi annoio da sola e quindi la taglierò corta per non rischiare di automummificarmi nel tentativo di spiegare nel dettaglio quello che intendo.

Volevo solo dire che oggi ci sono tutti questi talent show, no? Spettacoli di talenti. Ecco: la parola talento è usata troppo spesso e troppo a sproposito, soprattutto quando parliamo di musica.
Ché lo studio della musica è bello proprio perché è quanto di più paritario e democratico esista: chiunque può arrivare a suonare perfettamente uno strumento musicale, indipendentemente dal talento innato. Perché la musica è una disciplina molto più atletica che artistica, e avere talento o “essere portati” conta infinitamente meno del farsi un culo così.
E per diventare bravi musicisti ci si fa un culo così per anni. Non in senso retorico: anni veri, mesi messi uno sopra all’altro a ripetuti cicli di dodici, ogni santissimo giorno che il sole sorge sulla Terra.
Chi molla non lo fa per mancanza di talento ma per mancanza di volontà.
Solo alla fine di questo estenuante addestramento ninja torna in gioco il talento: chi è sopravvissuto viene ulteriormente scremato, e da qui inizia il suo percorso artistico.
Lo so, sono noiosa e evidentemente gli anni di conservatorio mi hanno rovinato. Eppure è in quegli anni che ho imparato la Lezione di Vita Fondamentale, ossia che si debba sempre essere umili senza mai essere modesti. Devi avere la più chiara e lucida consapevolezza dei tuoi limiti e di tutte le lacrime che dovrai piangere per superarli, ma essere abbastanza orgoglioso e coraggioso da guardare dritto negli occhi gli Dei e sfidarti ad essere all’altezza.

Invece adesso si parla tanto di talento, e pochissimo di farsi il culo. E c’è pieno di presunti musicisti modesti che non hanno idea di cosa sia l’umiltà del lavoro fisico di chiudersi otto ore al giorno sul proprio strumento, di accartocciarsi ogni notte e ogni fine settimana nello studio teorico a smontare e rimontare la musica come fosse un orologio i cui ingranaggi vanno indagati con le mani sporche di olio meccanico per capire come funziona. Talmente abituati al suono della parola “talento” da non sentire quanta pena, quanta pena, quanta pena. Da non essere nemmeno più in grado di ascoltare qualcosa di veramente buono.

E io sono una parruccona noiosa e morta dentro, ma che vi odia, oh se vi odia, con tutto il cuore e con la dedizione a cui sono ben allenata.

4 Comments on Talent show

  1. Non sei affatto noiosa, anzi hai ragione. Da vendere.

  2. Grazie. Davvero, grazie.
    Non sto qui ad annoiarti per il motivo, ma mi hai risollevata.
    Grazie, grazie, grazie.

  3. mi manchi. Poi magari manco capisci chi sono 😉

Rispondi

UA-83207466-1