Lacrime antiche ma sempre attuali

Se io fossi Dan Brown scriverei subito un libro prendendo spunto dalla vita di John Dowland: intrighi, dissidi religiosi, tradimento, spionaggio alla corte di Danimarca – e proprio negli anni in cui Shakespeare scriveva Amleto!
E poi il suo nome ricorda per assonanza quello di John Doe, il nome fittizio attribuito ai corpi non identificati o ai protagonisti di vicende che devono restare anonimi per la cronaca: se fossi Giacobbo ci farei subito una puntata extra di Voyager!
D’altra parte Dowland e la fantascienza sono già legati dagli innumerevoli tributi che Philip K. Dick gli ha rivolto, citandolo nelle sue opere, ispirandosi a sue composizioni per intitolare un racconto, chiamando col suo nome diversi protagonisti delle sue storie e addirittura prendendone in presito il cognome come pseudonimo.
Speriamo che qualcuno riprovi seriamente a rendere il buon John tanto pop quanto merita, in fondo è l’autore di uno dei brani musicali di maggior successo dell’età elisabettiana. La Pavana Lachrymae Antique infatti è una vera hit con il giusto equilibrio di ballabilità e malinconia. Se fosse stata composta ai giorni nostri sarebbe entrata in heavy rotation su tutte le radio commerciali, i ragazzini nei negozi di chitarre suonerebbero i suoi primi accordi invece dell’arpeggio di Stairway to Heaven e i tumblr sarebbero pieni di meme recitanti “Semper Dowland, semper dolens“, la frase con cui John stesso ironizzava sui livelli di struggimento che le sue composizioni sanno suscitare.
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