Buckfast Abbey e un cambio di programma

A questo punto secondo i miei piani avrei dovuto scrivere un post molto profondo e filosofico sulla fede.
“Avrebbe voluto che nessuno tirasse in ballo la religione. Non aveva nulla in contrario se la gente credeva in Dio, ma era come trovarsi in un posto in cui tutti conoscevano una serie di regole che a lui invece sfuggivano”, questo è quello che pensa Harold quindi asseconderò il suo desiderio e non parlerò di religione.
Invece vi racconto che:

1. contrariamente a quello che può sembrare l’Inghilterra non è affatto piatta! Veramente: è tutto un saliscendi di arrampicamenti, discese ardite, scollinamenti, accavallamenti di dossi e dune e colli. Osservare da un bus il paesaggio della campagna inglese è una delle esperienze più rilassanti che si possano provare (sempre che non si soffra di mal d’auto), anche se le strade sono strette e spesso gli autisti sono costretti a improbabili manovre in retromarcia con pendenze preoccupanti. E poi la campagna inglese è verdissima, probabilmente grazie al clima piovoso: se è vero che gli eschimesi hanno decine di termini per dire “neve” mi sorprende che gli inglesi non ne abbiano altrettanti per dire “verde”.

Nella diapositiva: l’abbazia di Buckfast si trova in mezzo a un parco naturale, ecco perché dopo il trenino a vapore ho dovuto scarpin camminare per un paio di miglia. Tutte molto verdi, indeed.

2. ho preso un treno a vapore! Per arrivare a Buckfast Abbey senza automobile la stazione più vicina è su una linea storica su cui viaggiano treni a vapore. Non solo: anche le stazioni sono d’epoca, corredate di bauli e cartelli pubblicitari antichi. E pure il controllore e il capoterno sfoggiano baffi a manubrio e favoriti come se arrivassero direttamente da un’altra epoca. Avrei voluto fotografarli una volta scesa, ma sono stata distratta dal punto 3

Nel dagherrotipo: visuale parziale di stazione d’epoca da finestrino d’epoca e porzione di sedile di treno d’epoca

3. gufi da passeggio! Appena scesa dal mio trenino (sedili ricoperti in velluto decorato a fiori e foglie, porte di legno da aprire dall’esterno attraverso il finestrino abbassato per scendere, finestrini bloccati con cinghie di cuoio) sulla banchina del treno vedo un signore che porta a spasso un gufo. Un gufo grossissimo! Gli ho chiesto di che specie fosse, mi ha detto che è un gufo-aquila europeo. Ho avuto appena la prontezza di farli un paio di foto, talmente mi sentivo rapita in questa “ultimate Hogwards experience”.

4. Un’immagine bella. Le fermate dell’autobus in questi paesini sono come delle casette aperte su un lato, in cui ci si può rifugiare. Quando il bus su cui mi trovavo si è avvicinato a questa fermata in mezzo al nulla alla fine di una strada chiusa ho visto che dentro la casetta c’era una bambina di non più di sei-sette anni, tutta occhi, rannicchiata sulla panchina. Ho avuto modo di registrare l’immagine giusto nel tempo in cui l’autista ha fatto manovra, girando il bus per fermarsi a fare scendere alcune ragazzine vestite con le uniformi della scuola. La bambina è saltata fuori dalla casetta veloce come un gatto e si è buttata al collo di una delle ragazzine appena scese, ricoprendola di baci. Si era appostata nella fermata alla fine della strada in mezzo al nulla per aspettare la sorella maggiore che tornasse da scuola. Lo so, niente di che. Ma in questo periodo ho la lacrima facile, e stavo ascoltando i REM, e insomma.

Qui in realtà ci sarebbe un’ altra pregiata diapositiva ma nonostante sia scesa al piano terra in mezzo al delirio del pub presso cui alloggio lasciando il tepore del mio lettuccio al terzo piano per riuscire a ricevere meglio il segnale wifi cortesemente messo a disposizione dei gestori nel momento in cui la mia sim si ostina a crearmi problemi immani DICEVO la connessione non ce la fa e non me la carica. Sono triste. Se riesco domani edito e aggiungo la foto, altrimenti provo con un disegno.

 

1 Comment on Buckfast Abbey e un cambio di programma

  1. No, vabbè, il verde, i treni a vapore, i gufi da passeggio. Ho come il sospetto che non tornerai mai più e continuerai a camminare, a muoverti, a scoprire. Proprio come Harold.

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