L’amica geniale

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Non ho nulla da aggiungere alle infinite meraviglie che si possono leggere ovunque su questo libro. Adoro i personaggi, adoro le atmosfere, adoro la scrittura. Arrivata in fondo a questo primo volume il mio unico pensiero è stato “per fortuna non finisce qui, per fortuna ci sono altri tre volumi che mi aspettano”. Conosciamo le due protagoniste all’inizio del loro rapporto che durerà per tutta la vita, come sappiamo già dal prologo. La prima parte è intrisa di violenza, non solo quella tipica e un po’ stigmatizzata di un rione popolare di Napoli negli anni ’50, ma una violenza sottile e costante: quella che dà forma ai rapporti tra bambini. Ostilità e alleanze, invidie, dispetti, e poi ancora segreti e grandi progetti: Lila e Lenù si esercitano già dalle elementari nel complicato compito di affermare e allo stesso tempo affrancarsi da un’idea di femminilità. Allo stesso modo però non sono immuni alle trappole di alternanti gelosie e prevaricazioni su cui modellano il loro rapporto. Il grande interrogativo su cui si regge gran parte della mia aspettativa è dato dalla premessa: Lila ha sempre voluto sparire, senza lasciare nessuna traccia. Come si concilia questa idea con l’immagine piena di vita e di furore della bambina dagli occhi neri che sembra essere l’incarnazione perfetta del concetto stesso di cazzimma? E Lenù può essere davvero solo uno strumento, la voce tramite cui Lila viene riportata in vita, il racconto in cui la coprotagonista si dissolve in ancella dell’assenza della sua controparte?
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