Zoom Torino: conoscere per conservare

Come la maggior parte dei bambini nati tra il finire degli anni ’70 e i primi anni ’80 ho ricevuto un’educazione strettamente ecologista e ambientalista basata su tre semplici principi chiave (oltre che all’immancabile tesseramento junior al WWF): non sprecare l’acqua, i rifiuti vanno differenziati e riciclati, il circo e lo zoo sono il male. E quando parlo di educazione non intendo solo in famiglia ma proprio un’impostazione istituzionale complessa all’interno dei programmi della scuola pubblica con tanto di progetti di sensibilizzazione specifici e laboratori. Non so se si usi ancora nelle scuole, quello che mi ricordo era che per tutte le elementari e le medie la scuola ci spiegava cosa fosse il progetto dell’UE (anche se allora si chiamava ancora CEE), come difendersi dalla droga e prevenire l’AIDS, e il rispetto per l’ambiente: come si forma e perché è dannoso il buco dell’ozono, cos’è l’effetto serra, come funziona il processo di riciclo del vetro.
È inevitabile che data questa impostazione io sia arrivata fino al 2016 senza aver mai messo piede in uno zoo o in un circo. La mia posizione era: se si vogliono vedere gli animali si viaggia e li si va a trovare nel loro ambiente naturale. Altrimenti ci sono dei bellissimi documentari da poter guardare da casa. Finché non ho visto gli snap di Tegamini e TheWardrobe dallo Zoom di Torino e ho iniziato a svalvolare. Probabilmente più di 30 anni di curiosità repressa uniti alla follia degli ormoni gravidici hanno travolto i miei principi facendomi sorgere il dubbio: in 30 e passa anni sarà cambiato qualcosa anche nel mondo degli zoo? Sarà stato superato il vecchio concetto di animali in gabbia a cui tirare le noccioline? Tra zoo e bioparco cambierà qualcosa che sia più sostanziale del nome? E quindi niente, probabilmente i biologi di Torino devono aver captato a distanza la mia immane curiosità e nel giro di pochissimo hanno invitato me e Massimo a visitare il parco.
Cominciamo da alcune considerazioni pratiche fondamentali: il parco è diviso in aree, da ogni area è facilissimo accedere a zone di ristoro, bagni, panchine per riposarsi. Noi siamo andati a fine luglio, in una giornata molto calda: in tutto il parco ci sono zone all’ombra, sia per transitare che per recuperare le forze. Si cammina un po’ ma è tutto abbastanza vicino e strutturato in modo da poter fare frequenti soste e spezzare gli spostamenti per adeguarli alle proprie esigenze: tanto ovunque ci si fermi c’è qualcosa di interessante da vedere. È quindi davvero adatto a tutta la famiglia, dal pupo ancora nel passeggino fino a nonni e bisnonni.
Qui in foto una tipica area di ristoro della “Giungla Asiatica”. Informazioni pratiche dettagliate ovviamente si possono trovare sul sito ufficiale di Zoom Torino, (come arrivare, attività, orari, costi di ingresso, strutture disponibili) ma adesso BESTIOLINE.
La prima bestiola che ho visto subito appena entrata era un cucciolo di suricato. Non sono nemmeno riuscita a fare la foto a fuoco perché ero troppo emozionata. Poi lui si è guardato in giro con aria un po’ troppo spavalda e si cappottato, andando poi a nascondersi nella tana senza darmi una seconda opportunità.
All’ingresso del parco vi verrà data una mappa con indicati non solo gli ambienti e i percorsi ma anche gli orari degli incontri con i biologi. Vi consiglio fortissimamente di organizzare la vostra visita seguendo questi incontri perché si scoprono moltissime cose interessanti e divertenti. Ad esempio, una delle primissime cose che ho imparato è che l’animale più feroce ospitato a Zoom non è la tigre ma lo struzzo Godzilla: il maschio del gruppo, che attacca con cattiveria i keeper quando entrano nel recinto. Ecco che allora per farlo rientrare per passare la notte al chiuso, ogni sera un keeper entra nel recinto e si fa inseguire fino dentro alla “casetta”, scappando poi dalla porta sul retro.
Purtroppo ci siamo persi la spiegazione completa sui pinguini, ma quello che abbiamo imparato è che tutti i pinguini presenti a Zoom sono nati in cattività in altri parchi: nessun animale viene più catturato per essere esposto, ma i parchi come Zoom accolgono animali che non sarebbero in grado di sopravvivere autonomamente nel loro ambiente naturale. Inoltre questo permette a biologi e veterinari non solo di curare al meglio questi animali ma di condurre studi sulla loro specie nell’ottica di riparare in qualche modo ai danni fatti in passato e evitare che le specie in pericolo arrivino ad estinguersi (ecco perché il motto di Zoom è proprio “conoscere per conservare”).
I pinguini di Zoom sono pinguini sudafricani, abituati a un clima simile al nostro (anche se a fine luglio mi sa che avevano parecchio caldo anche loro). Più precisamente è stata ricostruita per loro la spiaggia di Boulders Beach con una grandissima vasca divisa a metà da un vetro: in questo modo se volete potete rilassarvi una giornata in piscina e nuotare di fianco ai pinguini.
Sempre per rimanere in tema di vasche, questo è Ze Maria l’ippopotamo. Io lo conosco da anni, infatti tempo fa Zoom aveva un numero contattabile via whatsapp (chiamato convenientemente WHATSIPPO) a cui Ze Maria con l’aiuto dei biologi rispondeva inviando foto e rispondendo a domande sulla sua quotidianità. Quando si è palesata l’idea di poterlo finalmente conoscere dal vivo dopo aver chattato ero al settimo cielo!
Qui invece Ze Maria è insieme a Lisa, la sua compagna. Lui sta iniziando ora a capire esattamente quali siano i ruoli, visto che la differenza di età tra i due è di più di 20 anni e quindi all’inizio lui la trattava come una mamma putativa o una zia, non cogliendo del tutto il suo ruolo di toyboy.
Stanno aspettando con le fauci spalancate che un keeper gli lanci delle mele da sgranocchiare. Questo spuntino è una routine di addestramento che viene ripetuta due volte al giorno e a cui è possibile assistere. Lo scopo è quello di abituare gli ippopotami ad aprire la bocca a comando, in modo da rendere più semplice l’intervento del veterinario durante le visite.
MAGIA: gli ippopotami mangiano ogni giorno 40 kg di verdure e producono in cambio 80 kg di cacca.
Lui è il panda rosso e io lo amo. Per la maggior parte del tempo se ne sta arrampicato a 30 metri di altezza in mezzo alle frasche, poi come un vero divo valuta di concedersi ai fan mandandoli in visibilio e producendosi in una serie di attività atletiche. Ha la pelliccia del colore più bello che abbia mai visto, anche se sembra abbastanza ispidone. Resta comunque sul podio degli animali preferiti di sempre (posizione che aveva conquistato in tempi non sospetti grazie a questo famosissimo video).
Molto più semplici da avvicinare e ammirare invece le tartarugone centenarie. Sono attive, ma ovviamente con i loro tempi. Quindi prendete nota con attenzione di quello che stanno facendo quando passate dal loro habitat. Poi provate a ripassarci a metà o alla fine della vostra visita per ammirare i progressi. Ad esempio: quando siamo arrivati questa testuggine stava facendosi il bagno. Poi si è avviata verso la riva e alla fine della giornata era quasi arrivata a mettersi al riparo. Grazie a Massimo che legge tutti i cartelli mentre io mangio ghiaccioli seduta all’ombra scopriamo che a volte per stabilire l’età di queste ragazze a volte è necessario impiegare la datazione al carbonio14. Come per i reperti archelogici.
Una delle attività secondo me più belle e assolutamente da non perdere è il volo dei rapaci all’Anfiteatro di Pietra. I falconieri di Zoom faranno volare ogni tipo di rapace direttamente sulle vostre teste mentre i biologi spiegheranno per ogni specie le caratteristiche specifiche, le abitudini di caccia e qualche curiosità. Vi consiglio di sedervi negli spalti laterali: in questo modo gli uccelli planeranno al centro dell’anfiteatro per poi risollevarsi in volo e atterrare sulle mura proprio a pochissimi centimetri da voi.
HIGHLIGHTS: il barbagianni di nome Valentina ovviamente mi ha conquistata. Il volo silenziosissimo del gufo reale è da togliere il respiro. Mi sono commossa, proprio con le lacrime agli occhi, quando un’aquila enorme si è posata a un metro di distanza da me. E poi ci sono anche i grifoni e gli avvoltoi.
Nella foto qui di sopra quello che il mio cervello ha automaticamente tradotto nel momento in cui è comparso un avvoltoio sulle mura. Mancava solo che dicesse “la vecchia Betsy ha la sicura” per completare perfettamente l’atmosfera. Anche se poi quando si è alzato in volo ha acquisito un’eleganza e una maestosità che mi hanno lasciato senza fiato.
Tra le attività extra più a contatto con gli animali potete scegliere un mini-corso di falconeria, per conoscere ancora più approfonditamente i rapaci (ammetto di avere sempre avuto un debole per gufi, allocchi e barbagianni), anche in tempi non sospetti e ben prima della saga di Harry Potter). Purtroppo queste attività sono vietate alle gravide, quindi non ho potuto coronare il mio sogno di portare un gufo sul pugno nemmeno questa volta. In alternativa potete anche scegliere la lucidatura del guscio delle testuggini, oppure dare da mangiare a giraffe e pinguini, o una passeggiata speciale sull’isola dei lemuri con i biologi al di fuori del normale percorso aperto al pubblico.
Ecco. L’isola dei lemuri forse è il mio posto preferito di tutto il parco. Non me ne sarei mai voluta andare. Ho il sospetto che i lemuri abbiano capito perfettamente di essere le superstar del parco, e infatti si atteggiano tantissimo passando da momenti di chiaro scazzo da rockstar in libera uscita costretta a interagire con i fan, fino a emanazioni di perfetto egocentrismo: vi garantisco che i lemuri hanno colto perfettamente cosa sia il photobombing e lo praticano consapevolmente e deliberatamente.
Oltre a essere esteticamente molto carini i lemuri sono anche super-socievoli: ti vengono vicino, ti guardano in faccia, ti fanno dei versi, tanto che ogni tot metri ci sono dei volontari che ti ricordano di non toccarli e di non accarezzarli. Ma cosa fare se è il lemure che vuole toccare te? Un ragazzino si stava facendo fare una foto con un lemure particolarmente intraprendente, uno di quelli neri nel video qui sopra. Per mettersi in posa ha appoggiato la mano al muretto su cui stava il lemure che con estrema nonchalance si è voltato di schiena e ha mollato una caccona spropositata a mezzo centimetro dalla mano del ragazzino. È stato un momento quasi perfetto.
Oltre a tutto questo abbiamo potuto vedere da vicino zebre, cammelli, mucche esotiche dall’acconciatura alla Renatozero, un rinoceronte, le tigri nella loro foresta che sembra uscita direttamente da un libro di Salgari, la famiglia di gibboni con il neonato Kiwi ancora aggrappato alla pelliccia della mamma, struzzi, pellicani, lontre e serpenti. E una giraffa bitorzoluta ma piena di sussieguo.
Concludendo, visita assolutamente promossa e consigliata soprattutto se avete pupetti curiosi di vedere gli animali dal vivo. Personalmente non ho cambiato idea rispetto agli zoo in generale ma ho potuto vedere con quanta attenzione e quanto amore sia i biologi che i keeper trattavano gli animali, e la passione con cui venivano date le spiegazioni sia scientifiche sia più di colore. Sicuramente avere l’opportunità di visitare gli habitat naturali di queste bestiole in giro per il mondo resta idealmente il modo migliore anche di avvicinarsi agli animali, ma credo che sia dal punto di vista divulgativo/didattico sia come intrattenimento visitare una struttura come Zoom può essere l’approccio più diretto e efficace per sensibilizzare i bambini (ma anche gli adulti) su molti temi legati all’ecologia.
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