Un’eredità di avorio e ambra

I netsuke sono piccole sculture giapponesi in legno, avorio o ambra. Rappresentano animaletti, monaci, a volte oggetti comuni o scene erotiche: un minuscolo tributo alla quotidianità. “Un’eredità di avorio e ambra” racconta la storia di una collezione di 264 netsuke che l’autore Edmund De Waal ha ricevuto in eredità. Attraverso il racconto di come questi “gingilli” vengono passati di mano in mano, portati dal Giappone fino a Parigi nella seconda metà dell’ ‘800 sull’onda della fascinazione per tutto ciò che era orientale e entrati nella famiglia Ephrussi come dono di nozze, ne seguiamo le sorti attraverso le sfarzose dimore sparse per tutta Europa fino al loro fortuito ritorno in Giappone. Gli Ephrussi sono una famiglia di ebrei di Odessa: partendo dal commercio del grano riescono a costruire un vero e proprio impero paragonabile a quello dei Rothschild, spostandosi di decennio in decennio nei punti nevralgici degli affari e della buona società. Odessa, Parigi, Vienna, e poi Tokio e Londra sono le città in cui principalmente si dipana la storia vera della famiglia dell’autore. Ognuna di queste città è raccontata con un’attenzione e una sensibilità da vero artista: Edmund De Waal è infatti un ceramista, e chiaramente dal suo scritto traspare come abbia ereditato anche gusto per il bello e l’attenzione al dettaglio dei suoi antenati. La descrizione degli ambienti dei palazzi, le pareti ricoperte di opere d’arte di artisti come Monet, Degas, Renoir, lo studio in cui venivano ricevuti gli ospiti del salotto letterario tra cui Proust, l’architettura del palazzo sul Ring di Vienna: ogni paragrafo ci parla di opulenza e di lusso, di passione generosa e mecenatismo. A questa grandeur si contrappongono le storie dei vari personaggi, parenti di De Waal, spesso in stridente contrasto: storie di incomprensioni familiari, di tradimenti, di sotterfugi, arrivismo, lealtà, ambizioni e sofferenze. Una girandola che si interrompe in pochi decenni infrangendosi contro il tragico epilogo del nazismo. Ed ecco che i palazzi vengono confiscati e le ricchezze che ospitano vengono portate via, disperse come la famiglia. Si salvano solo i piccoli netsuke, relegati a ruolo di gingilli per i bambini e ignorati durante il saccheggio. E da qui, miracolosamente, vengono custoditi e riportati in Giappone dallo zio Iggie (una delle più belle figure del libro: è impossibile resistere al suo fascino) chiudendo il cerchio geografico, e poi riconsegnate all’autore chiudendo la storia familiare. Di una ricchezza immensa restano solo questa collezione di minuscole sculture dai temi quasi triviali, di una delle più potenti famiglie europee a cavallo tra Otto e Novecento non resta altro che questa storia: se vi intrigano le storie vere, se amate le saghe familiari e se avete voglia di perdervi nella rievocazione di epoche e bellezze di un altro mondo questo è uno dei libri più belli che possiate mettere sul comodino.
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