Un tramonto alle Cave

Ormai quando mi riferisco al Parco delle Cave sempre più spesso lo chiamo il mio parco. Nelle ultime tre case in cui ho vissuto è stata l’unica costante: vicino abbastanza da essere raggiunto a piedi, per passeggiate e meditazioni d’emergenza.
Mi piace soprattutto nei momenti in cui riesco a restare sola. La mattina prestissimo, quando esco per correre e il sole ancora non è sorto ma la luce inizia pian piano a rischiarare il cielo, oppure nelle sere d’estate durante la settimana, quando è silenzioso e quieto e dai prati si alzano le lucciole come minuscole stelle. In questo periodo dell’anno invece adoro la luce poco prima del tramonto. Cammino attraverso i canneti ascoltando i richiami degli uccelli, piccoli bagliori si rincorrono sulle increspature dell’acqua, blocchi di ghiaccio immobili come schermi intrappolano le alghe sul fondo e il sole piano piano sparisce lasciando ogni giorno una sfumatura di colore diverso sospesa tra le cime degli alberi spogli e le prime stelle.
Ho pensato di portare con me la mia Canon G7x per provare a catturare alcuni attimi del mio immenso privilegio per provare a portarli qui.
Le rogge riflettono il cielo grigio e freddo, come se fossero dei nastri luminosi stesi in mezzo ai prati e ai campi coltivati. I colori sembrano essersi ghiacciati anche loro, come se vibrassero a una frequenza diversa, più cauta.
Attraverso il canneto e le sterpaglie della riva si vede una papera fare l’equilibrista sulla lastra di ghiaccio che ricopre buona parte della superficie di uno degli stagni più interni e nascosti.
Questa è l’ora in cui le papere disegnano cerchi nel laghetto, e l’acqua riflette i colori del cielo invernale come se fosse uno specchio capace di regalare morbidezza e fluidità al reale.
Le papere delle cave non si lasciano sempre fotografare volentieri! Appena riesco ad avvicinarmi abbastanza, zac: infilano la testa sott’acqua e mostrano la loro parte meno nobile. Immagino che non sia strafottenza, ma che i miei tentativi fotografici siano arrivati all’ora della merenda.
Ecco qui un muso soddisfatto e sgocciolante appena riemerso dalla merenda: ovviamente per evitare di avvicinarmi troppo e incappare in imbarazzanti bagni imprevisti qui ho dato sfogo alla potenza dello zoom ottico della G7x. Sono molto orgogliosa di questa foto quindi anche se è piena di errori e di “non-si-fa” della fotografia dei professionisti non ditemelo adesso. Aspettate fra un po’.
E poi ecco che il cielo inizia a fare la sua danza dei sette veli, passando attraverso sfumature dorate e color crema verso il finale di questa giornata.
Ciao Malapuella. Non ti conosco, non mi conosci, eppure posso scriverTi e darti una tirata d’orecchi ( affettuosa); potenza e maleficio della rete!
Quegli uccelli che fotografi alle “cave” non sono papere ma un Germano reale e relativa compagna; il maschio è conosciuto, in Italia, anche con il nome “Capoverde”.
Comunque, le foto sono belle e il posto mi riporta alla mia infanzia ( a proposito dove si trova?).
P.S. vedi tu il caso; cerco un bravissimo chitarrista (Andrea Varnier) e scopro una blogger con la passione della fotografia, ma con scarsa cultura ornitologica.
Un saluto affettuoso
Mauro