Post sanremese celebrativo con un sacco di video brutti ma canzoni bellissime
La cosa brutta del vinile e’ che non riesci facilmente a infilarlo nel pc per farlo sentire ai tuoi amichetti della interwebz e quindi ti tocca cercare le canzoni che ti interessano su youtube e trovi dei video talmente kitsch da essere quasi ipnotici e quasi rischi di non scrivere piu’ il post.
Ma dicevamo.
Sanremo, Vecchioni, l’inter, etc. etc. Sappiamo gia’ tutto.
Pero’ io quando ero piccola piccolissima ascoltavo un disco che e’ sempre rimasto tra i miei dischi preferiti di sempre. Ero talmente piccola da non avere nemmeno il permesso di utilizzare da sola il giradischi, perche’ sicuramente avrei rotto la puntina e/o rigato i dischi di papa’ e quindi dovevo aspettare che qualche adulto passasse in zona e chiedere che mi venisse messo su il disco “quello dei cani neri”.
Il disco “quello dei cani neri” ha anche un titolo vero, che e’ “Calabuig, stranamore e altri incidenti”, ed e’ tutto nei videi qua sotto. Tranne una traccia, proprio “Calabuig”, che era piccola, una striscina sottilissima, ed era il mio punto di riferimento per dove piazzare il braccio del giradischi quando ero diventata un po’ piu’ grande e lo potevo usare da sola e volevo sentire proprio solo la canzone dei cani neri.
STRANAMORE
E’ una canzone famosa, famosissima. Io la ascoltavo sempre con impazienza, non mi faceva impazzire. Quando arrivava la strofa “e tu che hai preso in mano il filo del mio treno di legno che per essere piu’ grande avevo dato in pegno” mi immaginavo dare via i miei pupazzi, quelli a cui ero piu’ affezionata, in cambio di qualche anno in piu’ e mi si stringeva la bocca dello stomaco, quella sensazione che poi sarebbe diventata tanto familiare.
E poi c’era la strofa sui fascisti che mi faceva inorridire ogni volta. E poi c’era una parolaccia di quelle gravi che non si devono dire mai. E anche “io che non parto sto a guardarti che rimango sveglio” l’ho capita solo molto dopo.
NINNI
Questa e’ e rimane una delle mie canzoni preferite in assoluto di tutte le canzoni del mondo. Non c’e’ nulla da aggiungere. Il testo e’ un capolavoro, andrebbe studiata a memoria come una poesia a scuola.
A TE
“A te che avevi un gatto indifferente il giorno che son venuto a dirti domani non ritorno”
C’e’ sempre un gatto, quando qualcuno decide di non ritornare. Io l’ho imparato da questa canzone.
“A te che mi hai contato i passi sulle scale e viene sempre il giorno che non si sale”
Come quando aspetti immobile, in silenzio, un segno qualunque, un rumore, un presagio. E invece non succede nulla, resta solo l’attesa, ogni minuto sempre piu’ concentrata e disperata.
“A te nemmeno un sogno, nemmeno un’emozione. A te non ho lasciato che una brutta canzone”
Non e’ brutta questa canzone Robertino. Fa solo tanto tanto male.
CALABUIG
Questa canzone che da’ anche il titolo al disco non si trova su youtube. Forse perche’ non e’ proprio una canzone, c’era della musica ma lui non cantava e invece parlava del “solito viaggio dell’intellettuale decadente, romantico…” e poi “la nostra radio e’ forse la migliore, prende le tre venezie e ci sentono in cadore” e poi non me lo ricordo piu’, fino a “Sir Anthony McKintosh spari’ misteriosamente durante una caccia alla volpe nel 1821. Non si seppe mai piu’ nulla di lui”. E qui attacca la canzone dei cani neri, e che in realta’ si intitola…
SETTE MENO UNO (Il cane, la volpe, la civetta, il fagiano, il cavallo, il falco)
E’ un disco pieno di cavalli. E io adoro i cavalli, ho sempre desiderato avere un cavallo, lo chiedevo per ogni natale e per ogni compleanno con grande disperazione dei miei. Ma in fondo e’ anche colpa loro che mi facevano sentire i dischi di cavalli e cani neri e streghe e storie misteriosissime.
“Torneranno tutti manchera’ uno solo, troveranno il suo cavallo mentre beve, troveranno solo un guanto nella neve. Non un passo non un segno tutto intorno, solo un falco nero in un silenzio eterno“.
Colpa loro se poi ho studiato per anni la simbologia celtica invece che i libri dell’universita’, colpa dei loro dischi.
E a questo punto il braccio tornava al suo posto con un elegantissimo movimento meccanico e bisognava chiamare qualcuno per girare il disco.
Il CAPOLAVORO
Un’altra canzone. Ancora un cavallo. Nella piu’ desolante disperazione cosa ti riporta il senso della vita? Un cavallino appena nato. Non lo so, a me questo e’ sempre bastato per adorare questa canzone. Lui che si droga, in mezzo al nulla, e poi inventa le favole degli uomini per il puledrino e gli da’ fiato, e cerca di rimetterlo in piedi. “Dormi ora dormi piano che le stelle vanno via, dormi ti alzerai domani, cosa vuoi che sia“. Se non vi spezza il cuore questo, non so cos’altro potrebbe.
Il CASTELLO
Qui si piangono le lacrime vere. E non solo per il video che e’ davvero orrendo. Questa canzone e’ un manuale di menestrellitudine. E’ lunga ma potrebbe durare anche sei ore e rimarrei ad ascoltare ogni parola, una per una, senza nemmeno respirare o sbattere gli occhi.
“Ma non passateci d’Aprile che non potreste piu’ vedere le rose come quando lui era qui” inizia a farmi pizzicare la radice del naso.
“E chi partiva sempre ritorno’… e un drago fatto con la paglia bruciava all’alba sulla soglia perche’ il dolore non entrasse li’” qui sto gia’ frignando, ma in modo ancora composto.
Da “ha fretta e l’abito e’ sgualcito ma e’ la gran sera che ha aspettato” sono singhiozzi incontrollati e senza pudore.
L’ESTRANEO (infiniti ritorni)
Asciugate le lacrime, la puntina procede inesorabile verso il centro del piatto, e ci si aspetta un’uscita rasserenante e consolante. E invece.
E invece quest’ultima traccia toglie quel poco di fiato che potrebbe essere rimasto. “E ho giocato le cento rivoluzioni, la mia rabbia e le cento delusioni, che sono mille e son tante, son belle e son sante, il giorno dopo. E provai ogni droga piu’ che vino, il linguaggio del bruco e l’assassino, e a saper tutto senza parole“. Che ne puoi sapere a cinque anni che quello che ti fai mettere sul giradischi ti rimarra’ addosso sempre, anche se poi decidi per anni di voler fare e ascoltare solo la musica senza parole? Ma che ne sai a cinque anni, che tanto e’ troppo tardi?
“E aver capito tutto in un istante fu come morir le morti tutte quante e non volere essere piu’ niente“
Bravo Roberto, sono proprio contenta che hai vinto assarre’!
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