Leeds e la consapevolezza di esserci ma solo un po’ a metà

In Inghilterra, si sa, guidano al contrario. Per evitare di essere investita uso il metodo “prima di attraversare guarda dalla parte in cui ti viene istintivo, e poi fai attenzione all’altro lato”. Così guardo a sinistra ma poi sto molto attenta alle macchine che invece arrivano da destra.
Devo dire che è un buon metodo, funziona.
Fin quando non sto qui per un tempo abbastanza lungo da aspettarmi le macchine che arrivano da destra, e quindi per fare il contrario di quello che suggerisce l’istinto guardare con attenzione a sinistra, e venire schiacciata come una pivella qualunque al suo primo giorno di attraversamento stradale.
Ormai è già da due settimane che sono qui. Ovvero quel lasso di tempo abbastanza lungo da far sì che il mio italiano incominci a stentare, ma ancora troppo breve perché il mio inglese risenta di qualunque beneficio.
Per altro, in questo momento sono nello Yorkshire. E qui non parlano inglese. Giuro. Oggi ero in treno e intorno a me le persone borbottavano strani suoni incomprensibili, tanto che anche allungando l’orecchio con la massima attenzione non riuscivo a capire quello che si stessero dicendo. Poi in stazione ho chiesto informazioni a un tizio, e dopo avergli chiesto per la quarta volta di ripetere la risposta mi sono sentita in dovere di scusarmi per la mia scarsa padronanza della lingua. Mi ha risposto che invece no, parlo molto bene, non sembro nemmeno italiana, il mio inglese è molto BBC.
Lo prendo come un complimentone, eh. E come conferma che il problema non fosse tanto il mio inglese quanto il suo, anche.
Nella diapositiva: approfittando di un momento di mia già grande confusione, i perfidi abitanti di albione mi trollano senza pietà

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