Le vergini suicide

Probabilmente io non faccio testo perché Eugenides me lo sposerei pure domani, così, su due piedi (nonostante tutto quello che ha messo ne “La trama del matrimonio). Questo libro è bello di una bellezza totale e completa, e se da un lato mi spiace averlo tenuto per ultimo e non averlo letto prima, dall’altro lato sono felice di aver rimandato così a lungo la lettura perché adesso che non c’è più niente di suo in coda sul comodino l’attesa per il prossimo libro sarà un po’ più breve. Giusto?
La cosa geniale di questo libro è una semplicissima ma sconvolgente contraddizione: nonostante si sappia fin dalla prima pagina la trama e il “come andrà a finire” man mano che si procede nella lettura le domande e il senso di mistero si infittiscono e si moltiplicano. Chi sono i narratori, monaci custodi della memoria delle sorelle Lisbon? Cosa è successo dopo quel lungo anno? Cosa è successo realmente durante quell’anno, alle sorelle, ai narratori, alla comunità? Nessuna domanda trova una risposta, ma si riflette come in un gioco di specchi smembrandosi in decine di altre domande dalle sfumature e inclinazioni leggermente diverse, moltiplicando gli interrogativi e il senso di impotenza davanti al mistero non tanto delle morti delle cinque ragazze quanto di quello più ampio e profondo che si prova davanti ad ogni singola esistenza. Una riflessione completamente priva di risvolti intellettualistici sul libero arbitrio e sul rapporto tra vita/adolescenza/morte (un triangolo i cui vertici sono uniti da diversi gradi e sfumature del senso del cambiamento e della libera decisione). Uno dei libri più filosofici che abbia mai letto in cui il messaggio però è veicolato in modo del tutto acritico, semplicemente attraverso il ricordo e le sensazioni fisiche, attraverso la descrizione dei sentimenti e delle pulsioni, degli odori, delle domande che i protagonisti (perché i veri protagonisti sono i narratori, più che le sorelle) si sono posti all’epoca dei fatti e hanno continuato a porsi, custodendo in modo quasi maniacale l’ossessione per le sorelle Lisbon intatta negli anni.
Non ho idea di come possa essere riportato tutto questo nel film, che ovviamente non ho ancora mai visto, dato che la trama appunto è infinitamente meno interessante della narrazione in sé, della tecnica stilistica che dà il vero significato alla storia. Ho un po’ di paura a guardarlo perché il mio pregiudizio è già bello prepotente e temo che finirei con l’arrabbiarmi parecchio.
Cinquemila pallini su cinque.
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Infatti. Non guardarlo.