Le parole di gesso

Mi si e’ avvicinato una sera sull’erba e mi ha detto che aveva delle parole in tasca per me.
Io mi sono incuriosita e l’ho seguito, mi ha detto di seguirlo se volevo vedere le sue parole. Abbiamo camminato finche’ non e’ finita l’erba e siamo arrivati qui, sul marciapiede. Io lo guardavo con sospetto: “allora, queste parole?” gli ho chiesto. E lui ha tirato fuori dalla tasca del cappotto dei gessetti colorati. Io non sapevo cosa dire, e mi sono limitata a guardare. Lui sorrideva e mi guardava come un pazzo, mi guardava velocissimo e ferocissimo mentre si inginocchiava ai miei piedi e spargeva i gessetti sull’asfalto. “Non piegare la testa” mi ha detto, e io subito mi sono raddrizzata, anche se la curiosita’ di seguire i suoi gesti precisi e ampi tornava a piegarmi il collo di lato senza che potessi resistere.
E cosi’ siamo rimasti sul marciapiede per quasi un mese, io in piedi a lottare contro il mio collo molle e curioso, e lui in ginocchio a tracciare segni di gesso colorato. Aveva gli occhi enormi e affamati, e saltava dai miei occhi al disegno che man mano prendeva forma. E piu’ i gessetti si consumavano su quell’immagine di madonna che non riuscivo a capire quanto mi somigliasse piu’ i suoi occhi si innamoravano del marciapiede e mi lasciavano da sola, in piedi, a tener su la testa e prendere i complimenti e gli spicci dai passanti.
“La ama tanto” mi ha detto una sera un ragazzo, “la ama cosi’ tanto che l’ha trasformata in una madonna”. E io annuivo, e annuendo avevo la scusa per sbirciare il disegno, e rimettermi subito in posa anche se ormai i suoi occhi erano tutti per l’asfalto colorato.
“La ama tanto” mi ha detto la mattina dopo lo stesso ragazzo ripassando vicino.
“La ama tanto, la sua madonna sul marciapiede” ha aggiunto.
Allora mi sono inginocchiata accanto a lui, ho preso la sua mano sporca di tutti i colori e gli ho baciato la punta delle dita, rovinate dal grattare l’asfalto con i moncherini di gesso rimasti.
“E’ un disegno bellissimo, ma non sono io”. E lui zitto ha fatto di si’ con la testa, e poi di no, e poi il disegno ha iniziato a rovinarsi a piccoli cerchi dove cadevano le lacrime e io mi sono rialzata. La polvere di gesso giallo e blu si mescolava nell’acqua che gli pioveva lungo le guance e la barba, e diventava verde e sembrava tornare a essere assorbita dall’asfalto granuloso, e non restava piu’ nessun colore, solo il grigio scuro del marciapiede. Ogni lacrima faceva un buco, e sembrava una madonna crivellata da una mitraglia quella stesa sul marciapiede.
L’ha cancellata tutta con le lacrime, mentre io mi allontanavo piano, guardandolo. Ci ha messo ventiquattro minuti e credo sedici secondi se ho ben contato.
La mattina dopo sono tornata a cercarlo. Stava stendendo il suo cappotto per terra mentre con la mano teneva quella di una ragazza bella come una madonna, e la aiutava ad attraversare una pozzanghera sul marciapiede.

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