Harrogate e un intervento tardivo al Writecamp
Oggi a Riva del Garda all’interno della Blogfest c’è stato il Writecamp. Purtroppo non siamo riusciti a far funzionare il collegamento via Skype, ma si è parlato comunque di Harold e del suo viaggio, e del mio. Ma se fossimo riusciti a far funzionare il collegamento ecco quello che avrei detto.
Avrei detto che sono a Harrogate, che è un po’ la Riva del Garda degli inglesi: fredda, piovosa e scomoda da raggiungere. Però tanto bella.
E poi avrei detto che il viaggio di Harold ci fornisce una mappa, e che questa mappa ha solo incidentalmente una dimensione geografica. Tutte le storie disegnano delle mappe, ovvero dei percorsi segnati da tappe fondamentali, che non sono necessariamente fisici ma che possono essere tracciati e seguiti.
Avrei detto che quindi quello di Harold è un viaggio attraverso lo spazio, e io posso ripercorrere le stesse strade, gli stessi panorami inseguendoli su una cartina. Ma il viaggio di Harold è soprattutto un viaggio di scoperta, di ricordi, di incontri. E io posso seguire la traccia geografica, ma immancabilmente il mio viaggio sarà profondamente diverso, e per questo tanto più affine.
Avrei spiegato come è emozionante scrivere e raccontare la propria storia partendo da una storia scritta e inventata da altri. E di come è commovente vedere che così come io arricchisco la mappa di Harold, le persone con cui sono in contatto attraverso i mezzi con cui sviluppo il mio racconto (twitter, instagram, il blog, il tumblr) a loro volta arricchiscano la mia mappa: per ogni tappa c’è qualcuno che mi scrive di aver passato lì le vacanze, o di aver vissuto lì per studio o per amore, e mi si suggeriscono luoghi vicini da visitare e posti affidabili in cui andare a mangiare.
E così le tappe del mio viaggio diventano snodi pluridimensionali: collegano in orizzontale il posti dove sono stata e dove andrò, i posti amati e conosciuti dai miei amici e contatti, i posti da cui loro stessi arrivavano e da cui sono andati via; poi collegano in verticale come degli ascensori le nostre esperienze: la mia che è ispirata da Harold, quella di Harold che è inventata, quella di chi legge me come se leggesse una storia inventata, quella di chi ricorda e racconta la propria, e di nuovo io che leggo di rimando e di rimando scrivo nuovamente.
È in questo modo che le mappe diventano reti, che i punti di fuga di ogni panorama si moltiplicano, e che l’esperienza diventa reale, mediata, condivisa o romanzata nell’esatta misura in cui lo vogliamo, secondo l’esatto gusto che decidiamo avere.
Poi avrei detto che sono felice di essere qui ora.
Avrei detto anche che mi sto geolocalizzando in modi diversi, e non solo tramite le app del mio telefono ma anche alla maniera antica, quella venuta molto prima dell’integrazione di 4square sotto alle foto di instagram: mando cartoline, timbrate e stampate dagli uffici postali dei luoghi in cui mi trovo. Perché abbiamo sempre cercato una conferma al nostro bisogno di sapere dove ci troviamo in questo esatto momento. E tutt’ora per stare più sereni ci aiuta pensare che faccia fede il timbro postale.
Ma siamo in un luogo fluido, in continuo movimento e in continua evoluzione. Siamo su una mappa che non rappresenta il territorio, ma solo le relazioni tra i punti di riferimento. Siamo in un brodo di informazioni e esperienze in cui ogni elemento influenza la posizione e la composizione degli altri. Siamo nella geografia della rete, e i punti cardinali sono diventati molto più di quattro.
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