Dizionario dei Giorni Disperati (dalla M alla Q)

Guardavo le curve dei nostri corpi incastrarsi nella penombra, le ginocchia intrecciate, le spalle contro i colli, le braccia attorno ai lombi. Pensavo alla forchetta che gira e schiaccia il burro fino ad ammorbidirlo e farlo fondere con lo zucchero, e pensavo che e’ impossibile poi separarli di nuovo. E credevo che lo stesso fosse per noi. E quando ti sei alzato e sei andato nell’altra stanza, e ti sei vestito e sei uscito dalla mia casa, e sei partito e sei tornato a centomila chilometri lontano da qui, sono rimasta stesa a domandarmi se in origine io fossi il burro o lo zucchero, e come avrei mai fatto a ritornare pura.

Le piccole cose che odi di me: il mio disordine, il fatto che permetta ai miei gatti di salire sul letto e sul lavandino, il modo infantile che ho di tentare sempre di passare per la vittima. Le piccole cose che odio di te non le so elencare, sono talmente insignificanti, non sono niente. Le piccole cose che ami di me: quando rido al telefono, il sorriso che ho quando ti incontro nel parcheggio, quando dico una cosa buffa o sciocca in modo molto serio. Le piccole cose che amo di te davvero non le so dire. Sono un nonnulla. Sono tutto.

Tutte le cose lucide le buttiamo via. Tutte le cose che riflettono e brillano e specchiano le buttiamo via. Teniamo solo le cose opache, la foschia, le superfici ruvide e ostiche. Non ci piacciono i marmi, preferiamo il legno. Non ci piacciono i diamanti, preferiamo la lana. Non ci interessano i vetri, a noi piace baciarci dietro le persiane chiuse.

Lo snodo in cui il gesto si trasforma in suono. Il punto di equilibrio tra le piccole leve delle dita e della meccanica della tastiera da un lato, e le grandi leve e il peso del corpo dall’altro. Noi pianisti prestiamo la massima attenzione all’azione del polso. Tu invece eri solo interessato a sentirci battere il mio cuore, con le tue dita lo stringevi delicatamente: tu-tum, tu-tum, tu-tum. Fino al giorno in cui l’hai afferrato con rabbia, lasciandomi due lividi tondi e scuri mentre provavi a farmi voltare e guardarti in faccia. Tu-tum tu-tum tu- e si e’ fermato per un attimo, il mio polso, quando l’hai lasciato e ti sei voltato e non sei tornato piu’. E adesso ha ricominciato a scandire il ritmo sulla tastiera, un valzer trisillabo mentre chiama il tuo nome: tu-ttu-tum, tu-ttu-tum…

Ci sono tante cose di cui non parliamo, nel nostro patto mai enunciato di non farsi domande scomode. A volte vediamo germogliare certi strani punti di domanda nei silenzi al telefono, nelle pause dell’amore. Li osserviamo come se fossero incomprensibili misteri della natura, come galassie lontane o  affascinanti insetti multicolori. Non li nominiamo, li lasciamo vibrare un momento nell’aria davanti ai nostri visi, e cerchiamo di dimenticarli con fenomeni ancora piu’ stupefacenti, come i baci o le parole inventate o le canzoni.

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1 Comment on Dizionario dei Giorni Disperati (dalla M alla Q)

  1. scritto divinamente.
    ora solo silenzio.

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