Coeur de pirate

Camminare nel mio nuovo quartiere. Che poi è il mio vecchio quartiere, quello in cui sono cresciuta e da cui mi sono allontanata di molto, di poco, di moltissimo in varie fasi prima di tornare. Raccontarti com’era prima, quindici anni fa, prima delle recinzioni e di come è cambiato nella sua nuova geografia e sicuramente anche nel mio ricordo, e indovinare come lo vedi tu per la prima volta. Di notte, che tanto ormai è davvero primavera. Il posto segreto dove vado a piangere quando non mi va di farlo in casa. Le altalene. La panchina con le scritte davanti all’albero. Il muretto con scritto “ti amo”, quello con scritto “ciao”. Dipende da che parte arrivi e cambia il senso della storia “ti amo. ciao” oppure “ciao. ti amo”.
Un ragazzo posteggia l’auto e appoggia la birra sul tetto e se stesso alla portiera. Lo stereo ad alto volume. Il bagagliaio aperto. Canta. Secondo me piange anche un po’.
Bere alla fontanella, il drago buono, l’ultimo rimasto. Riempire i piccoli buchi rimasti delle storie che ti ho raccontato fino ad ora. Riempirli piano piano, come i punti che mancano in un ricamo. Ora sai di cosa parlo quando ti parlo delle mie camminate notturne.
Colmare le lacune. Come due ragazzini che hanno perso l’anno e ora con tutta la calma del mondo recuperano il programma e si preparano agli esami. Di normalità, più che maturità. La consapevolezza del dolore al ginocchio sbattuto di fresco contro uno spigolo e quella tutta nuova di non essere terribilmente fuori posto.

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