C.U.B.A.M.S.C. (detto anche Con una bomba a mano sul cuore)

A volte dovrei prendere degli appunti di lettura preventivi. Intendo dire che quando sento qualcuno parlare di un libro dovrei scrivermi da qualche parte sì il titolo del libro in questione, ma anche la persona che me ne ha parlato e perché me ne ha parlato. Altrimenti quello che succede è che io mi dimentico, poi leggo un titolo che mi suona familiare, prendo il libro convinta che mi sia stato consigliato da qualcuno e che me ne ricordi perché da qualche parte in un polveroso angolo del mio cervello mi sia in qualche modo annotata di volerlo leggere. Poi inizio la lettura piena di buone intenzioni e con grande entusiasmo e dopo dieci pagine vorrei già lanciare il kindle lontanissimo urlando “ma perché, ma che vi ho fatto, ma come mai”.
Per più della metà della lettura di questo libro mi sono arrovellata cercando di ricostruire chi me ne avesse parlato e in che termini. Ho concluso che probabilmente nessun mio amico me lo abbia mai consigliato in realtà, e che probabilmente avevo letto qualche recensione promozionale. O forse ancora più probabilmente me ne avevano parlato malissimo dicendomi di non leggerlo che non mi sarebbe per nulla piaciuto e vai a capire come ho incrociato i fili e il riflesso pavloviano “titolo di cui ho sentito parlare -> prendi, prendi, attacca!” ha fatto il resto.
Boh.
Mi sono ritrovata in mezzo alla falsa biografia di uno scrittore killer che ammazza la sua fidanzatina dei vent’anni in buona sostanza perché non gliel’ha mai data (no spoiler, è tutto nella prefazione originalissima del “ritrovamento” del manoscritto), con un’accozzaglia di riferimenti forzati agli anni ’80 e agli anni ’90, una specie di mischione insensato tra Sapore di Sale/Radiofreccia/Tarantino/Jack Frusciante è uscito dal gruppo/Chi ha incastrato Roger Rabbit/Palahniuk finto scanzonato che però si prende sul serio di brutto. Tipo “oh guarda, scrivo un libro che parla di uno scrittore, ma ovvio che non sono io, è solo la versione più romanzata di come vorrei essere io se fossi uno scrittore vero, però butto tutto all’eccesso perché è la mia preziosa cifra stilistica, infilandoci delle frasi da dedica adolescenziale sulla Smemoranda per far capire che ho capito il senso della vita ma lo dico comunque in modo molto ironico per non farmi capire troppo altrimenti si capisce che non ho capito davvero e al peggio posso sempre dire che sono gli altri a non avermi capito, cazzo”.
Credo di non aver altro da dire.
Anzi, sì. I riferimenti pop agli anni ’80 hanno rotto i coglioni. Soprattutto perché la maggior parte delle volte sono finti riferimenti, come ricordi costruiti ad arte di cose che non si sono mai vissute. Io sono nata precisamente nel 1980 e a parte Una poltrona per due, Creamy e Pacman di quegli anni non mi ricordo nulla, quindi qualunque personaggio che vogliate inventare così struggentemente aggrappato a questo decennio o lo fate nascere almeno 5 anni prima o al primo riferimento verrà inesorabilmente relegato al misero regno della fuffa.
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