Alla ricerca del #GlowOfLife – Milano Design Week

Amo Milano. Qui sono nata, qui sono cresciuta, ho provato anche ad andarmene ma sono sempre tornata. Contrariamente a quello che pensano molti credo che sia facile amare Milano. Perché contrariamente a quello che pensano molti Milano è una città che accoglie e che non fa figli e figliastri: per sentirsi milanese basta riconoscere di volerle un po’ bene. Non servono patentini, certificazioni dop o ascendenze multigenerazionali: sei di Milano se vuoi esserlo, perché Milano è tua se appena la vuoi. E anche se è vero che sentire parlare il dialetto è sempre più raro, la lingua vera e viva di Milano è fatta di tante infelssioni, di intercalari del sud – credo che si esclami “minchia!” più qui che a Messina, per dirne una -, accenti di paesi lontani e di paesi vicini che man mano allargano le loro vocali e creano un lessico comune – come i ragazzini che hanno iniziato ad usare l’appellativo “zio” come una volta si usava “capo” o altrove si usa “dottore”, e hanno iniziato proprio in quegli anni di prima reale integrazione dei figli degli immigrati nordafricani, da cui è stato assorbito questo uso linguistico oggi riconoscibilissimo come milanese.
Amo la mia città, e amo quando gli altri, indipendentemente dalla residenza e dalle origini, si scoprono milanesi. Ecco perché durante la settimana del design #MDW2016 sono andata alla scoperta di quello che è il #GlowOfLife con Asus, e l’ho trovato non solo nelle installazioni del FuoriSalone ma anche e soprattutto negli scorci che più mi piacciono della mia città.
La prima tappa è stata immancabilmente in via Tortona all’inaugurazione del padiglione Asus dove una foresta magica di alberi luminescenti rendeva chiaro il concetto di Glow of Life: splendore della vita. Innaffiando le strutture con la luce della torcia del mio Asus Zenfone Max gli alberi prendevano vita, illuminandosi di colori e spandendo profumi nella stanza buia, fino a proiettare sprazzi di luce sulle pareti nere. Davvero incantevole.
Ma il design non è soltanto innovazione. O meglio: Milano è sempre stata innovativa, e merita quindi una visita uno degli esempi dello stile Art Nouveau più bello d’Italia. La Palazzina Liberty, progettata nel 1908, circondata da un parco che in questa stagione diventa perfetto per una merenda sull’erba con alle spalle le ampie vetrate dell’edificio già sede del collettivo teatrale “La Comune” di Dario Fo e poi dell’orchestra da camera Milano Classica.
Un’altra tappa immancabile in qualunque momento dell’anno è la sede principale dell’Università Statale in via Festa del Perdono. Il corpo centrale è stato progettato nel 1400 e nasce con l’idea di creare un grande ospedale centralizzato per tutta la città – operazione con cui Francesco Sforza fresco di conquista del Ducato sperava di conquistare i favori della popolazione. Per realizzare questa opera imponente e fondamentale Francesco Sforza convocò a Milano, su suggerimenti dei Medici, l’architetto fiorentino Filarete a cui poi venne commissionato anche il progetto del Castello Sforzesco. Questo perché Firenze rappresentava l’avanguardia architettonica del periodo: Milano ha quindi una lunga tradizione nel riconoscere il meglio in fatto di design e attrarlo a sé, come dimostrano anche i numerosi interventi in città del Brunelleschi e di Leonardo da Vinci. Durante la settimana del design però la sede universitaria si colora e si anima di installazioni e in queste giornate di sole sembrava davvero risplendere del #GlowOfLife di cui Asus si è fatta portavoce. A questo proposito: finalmente possiedo un telefono pensato per l’estate. Da quando giro con il mio fidatissimo Zenfone Max non ho l’ansia di dover tenere la luminosità dello schermo al minimo per risparmiare batteria, e anche nelle giornate di pieno sole posso tenere lo schermo acceso al massimo per contrastare fastidiosi riflessi e entrare in competizione con la brillantezza del cielo, tanto la carica di Max dura per giorni interi.
A questo punto, se le gambe vi reggono e non avete voglia di tornare a immergervi nel delirio di Tortona o Lambrate, credo che sia fondamentale un’ultima tappa verso quello che è diventato il simbolo della nuova Milano negli ultimi anni: piazza Gae Aulenti. Inaugurata nel 2012 in meno di 4 anni ha già avuto il pregio di cancellare in ogni milanese la memoria di come si presentasse zona Garibaldi prima. Io ho dei vaghi ricordi di palizzate e zone morte, ma forse sono falsati dal ricordo dei cantieri più recenti: il fatto è che questo è uno dei miei posti preferiti di Milano, ed è così bello che è riuscito a prendere completamente il posto di quello che c’era prima non solo fisicamente ma anche nel mio cuore e nei miei ricordi. So che qui il paesaggio non è sempre stato così, ma non riesco a immaginarlo diverso da così. E nelle giornate di sole i raggi si specchiano sulla torre Unicredit (che con la sua guglia attorcigliata richiama il Duomo ma rispettosamente senza sfidarlo) per poi scorrere sulla pavimentazione grigia e rompersi in mille scintille negli spruzzi delle fontane. Da qui basta una breve passeggiata o una fermata di metro lilla per arrivare al cimitero Monumentale e dal suo piazzale godersi la vista del nuovo skyline della città. Prima di immergersi ovviamente nella quiete e nella storia delle tombe imponenti che raccontano con il loro stile l’evoluzione del gusto e i valori delle famiglie e dei personaggi storici che hanno scelto Milano come residenza, che l’hanno resa grande e si sono fatti rendere grandi da lei.
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