Le correzioni

“La strana verità su Alfred era che l’amore, per lui, non era questione di avvicinarsi ma di tenersi a distanza.”
“Chip era così impegnato a sentirsi incompreso da non accorgersi di quanto poco lui stesso comprendesse suo padre.”
“Era un’ingiustizia che il mondo fosse così privo di rispetto nei confronti di un uomo che era così rispettoso del mondo.”
Scrivere qualsiasi cosa su “Le correzioni” mi è veramente molto difficile. Per questo per un lungo momento ho fissato lo schermo vuoto. Poi ho pensato di riportare alcune delle frasi che descrivono gli assi cartesiani di disfunzionalità in base a cui si muovono i personaggi, le coordinate entro cui determinano i propri rapporti. Dall’indifferenza all’ossessione, dall’apatia alla frustrazione: sembra di osservare al microscopio le dinamiche che si ritrovano più in grande in tutte le dimensioni sociali. Quindi è giusto analizzare una famiglia, questa specifica famiglia, come se fosse un microsistema completo. “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo” può valere per Tolstoi, qui siamo in un universo parallelo e opposto, e quindi tutte le famiglie infelici si assomigliano, e sono infelici allo stesso modo in cui l’infelicità si insinua e prospera in qualunque contesto umano e sociale. C’è una coralità di sofferenze e manie, di comportamenti compulsivi e dolori stratificati nel racconto di questi piccoli individui che da patetici quali sono li rende eroici. Rivestiti di tutte le sofferenze e le incapacità, incarnazione di ogni sfumatura di rapporto disfunzionale, tristi e grandiosi allo stesso tempo.
Mentre lo leggevo non potevo non continuare a chiedermi se potesse essere davvero questo, magari, “il grande romanzo americano”. Cinque su cinque, qualunque cosa.
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