Le particelle elementari

“Le particelle elementari” è un abisso meraviglioso. Da mancata filosofa della scienza e appassionata di struggimenti esistenziali l’ho amato in ogni sua virgola.
“Ogni filosofia nuova, anche quando scelga di esprimersi sotto la forma di un’assiomatica apparentemente di pura logica, è in realtà solidale a una nuova concezione visiva dell’universo.”
Possiamo scegliere un modello di interpretazione del mondo applicabile a più campi possibili, come la teoria del caos. In questo modo, con un sistema di equazioni che non fanno riferimento all’ambiente fisico in cui si manifestano le loro applicazioni, avremo una coerenza descrittiva del reale ma nessun tipo di capacità predittiva. Oppure scegliere un modello come la meccanica quantistica, in grado di prevedere perfettamente il comportamento in un sistema, a patto di smaterializzare il reale e rinunciare alla comprensione dell’esistenza dei fenomeni.
Quindi i sistemi scientifici, teorici e filosofici che utilizziamo per spiegare il mondo possono solo descriverlo o prevederne i meccanismi. L’essenza e la sua comprensione restano lontane, impossibili, inavvicinabili.
L’unica costante nella ricerca scientifica così come nella ricerca esistenziale è la solitudine. Il vuoto incolmabile che ci separa dal reale. Le persone e le dinamiche sociali si comportano come particelle elementari. Per interazioni misteriose, che si possono descrivere o prevedere, ma mai comprendere nella loro essenza.
Gli appetiti, i diritti, le voglie, i pianti, i torti e la ragione: sono tutto quello che abbiamo, e nulla di quello che resta. E non servono né a comprendere, né a descrivere o prevedere, non ci avvicinano al mondo, non ci avvicinano alle altre persone, non ci avvicinano alla comprensione o almeno alla compassione.
Un solitudine cosmica oltre cui è impossibile spingere il pensiero. La possibilità di immaginare infiniti mondi, o infinito progresso, non fa che aumentare la vertigine dell’abbandono a sé stessi. L’essenza resta inavvicinabile, e qualunque sforzo di comprensione (intellettuale o vitalistico che sia) non fa che aumentare la consapevolezza del limite e amplificare il dolore.
“Non c’era nessuna azione unica, grandiosa e creatrice; non c’era nessun popolo eletto, né c’erano specie o pianeti eletti. C’erano soltanto, un po’ dappertutto nell’universo, tentativi incerti e in genere poco convincenti.”
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Photo credit: Caleb George Morris via Unsplash
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